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La Via Francigena

III° incontro di spiritualità e di cammino
per pellegrini e ospitalieri
della Via Francigena

 

La Confraternita di S.Jacopo di Compostella

Monteriggioni, 6 - 7 - 8 maggio 2011 

Ospitalità, l'imprevedibilità di Dio

Il racconto

Eccoci di nuovo qui, per la terza volta, per il terzo anno, insieme a pellegrini ospitalieri, ad amici vecchi e nuovi.
Eccoci di nuovo qui a scommettere sull'ospitalità, sulla nostra capacità di metterci al servizio del prossimo pellegrino, al servizio di colui che passerà, in cammino lungo la Via Francigena; in cammino verso Roma o Santiago, o Gerusalemme; in cammino per Fede o per caso.
Eccoci di nuovo qui a scommettere che o per Fede o per caso è comunque la Provvidenza che lo fa fermare alle porte del nostro ospitale, quel pellegrino.
Quella stessa Provvidenza che ci ha portato fino a qui, ciascuno per strade differenti, per percorsi lineari o complessi, per vie ancora da capire.



Un episodio che mi ha fatto pensare è accaduto sabato sera. Un pellegrino in sosta presso don Doriano, un pellegrino che stava camminando lungo la Via Francigena mi si avvicina e comincia a brontolare sulla segnaletica, su come la via sia confusa, sulla molteplicità delle strade. Gli dico che è vero, è un problema, bisogna stare attenti e c'è tanto da fare. Gli dico che i volontari fanno tanto e che noi eravamo lì in questi giorni per parlare anche di questo e comunque per dedicarci al servizio dell'accoglienza. Lui scrolla le spalle e dice che non ha avuto problemi, che solo a Gambassi si è trovato con un bagno senza doccia e un pavimento sporco dove stendersi. In quel momento ho capito che non sapeva cosa fosse la vera ospitalità di cui stavo parlando, anzi forse dipendeva tutto da quello il suo lamento sulla strada. Forse non ha incontrato ospitalieri, forse stava facendo la strada da solo. Lui e la sua strada, lui e la sua unica preoccupazione sulla qualità della strada, le sue rimostranze su quello che andava male, il suo non raccontare ciò che di buono aveva trovato mi ha colpito.
Forse non aveva ancora trovato qualcuno che lo aiutasse a capire cosa stava facendo, qualcuno che lo accogliesse veramente.

Com'è difficile realizzare qualcosa di buono, com'è rischioso farlo. Ci si impegna a dare e capita di raccogliere le lamentele di chi ritiene di non aver avuto abbastanza.

Ma un ospitaliere non deve preoccuparsi di questo. Un buon ospitaliere può partire con fiducia dalla imprevedibilità di Dio.
Ospitalità, imprevedibilità di Dio, così abbiamo titolato l'incontro di quest'anno. Il nostro essere ospitalieri in mano a Dio, al suo farsi pellegrino e ospitaliere per dirigere il nostro cammino.

Imprevedibilità che nella nostra esperienza di pellegrino abbiamo toccato tutti con mano: questo è ciò che viene fuori già subito, appena ci riuniamo. Venerdì sera è l'inizio dell'incontro e il momento delle presentazioni. Ciascuno di noi si presenta, siamo più di 50, il racconto si svolge, si condivide l'esperienza dell'essere pellegrini. Dio è stato parecchio imprevedibile con tutti noi.
E alla fine ci ha portato tutti qui per cominciare forse una nuova avventura, quella dell'ospitalità

Il Dio imprevedibile che gioca con potente amore con gli uomini viene fuori ancora di più sabato mattina. La splendida riflessione di padre Giulio Michelini ci porta a fianco di Tobia, in cammino insieme all'Arcangelo Raffaele. Tobia accolto dalla famiglia che gli darà la sposa, con un percorso che lo porterà a crescere, diventare uomo, guarire il padre. Tutto grazie alla Provvidenza di Dio e al lasciarsi guidare su questa strada.

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Noi pellegrini e ospitalieri siamo invitati a un percorso simile. Pellegrini guidati, accompagnati dall'angelo del Signore, poi ospitati, poi ritornati a casa alla fine del viaggio capaci di riprendere in mano la vita e darle nuova speranza.
Sapremo dare nuova speranza a questa Via che ci ha fatto ritrovare? Sapremo far ritrovare chi non sa neanche di essersi perso?

clicca qui per ingrandire la fotoE dopo un lauto pranzo si scende a valle, giù per il sentiero, poi su fino alle porte di Monteriggioni. Una veloce visita al borgo (peraltro già ben conosciuto da noi pellegrini) per proseguire verso Abbadia ad Isola e il nuovo ospitale che si aprirà. Vediamo lo stato dei lavori, pensiamo a quello che in futuro potremo fare: l'arredamento, l'organizzazione. Un altro capitolo, un altro pezzo di strada all'orizzonte. Ospitalieri, c'è da fare!

Arriviamo alla messa vespertina a Castellina Scalo, poi l'accoglienza per la cena grazie alle signore della parrocchia, un momento di festa con il coro venuto dal Trentino e i suoi canti di montagna e si riparte nella notte, torce in mano, per ritornare con una piacevole ora di cammino a Rencine. Quanti usignoli abbiamo sentito cantare lungo la strada e quante lucciole sono già in volo. Che spettacolo!

Domenica mattina c'è ancora molto lavoro. C'è da tirare le fila di questi due giorni, c'è da fare sintesi e dare concretezza, c'è da chiarire tante cose, da comunicarsi tempi e modi per accogliere come si deve il pellegrino.

Così ci troviamo tutti fuori sul prato, in cerchio, al tiepido sole. Cominciamo noi della confraternita di San Jacopo a tirare il sasso nello stagno, a raccontare della nostra esperienza come ospitalieri, dei problemi che si affrontano ogni volta: dell'importanza di accogliere con semplicità, con amore e comprensione chi arriva, ma contemporaneamente con fraterna fermezza. Tutti sono in cammino. Per qualcuno il cammino è chiaro, semplice, sa dove sta andando e nonostante la fatica è sereno. Tanti altri non sanno neanche perché sono sulla Via. Sono partiti per fare una passeggiata un po' più lunga. Non hanno la credenziale, non conoscono la strada, non ne conoscono la storia e i problemi, l'organizzazione, il senso. Alcuni cominciano a farsi condurre da furbi tour operator che gli propongono la strada come fosse un banale trekking, un cammino similare ad altri, dove potranno essere accolti negli ospitali dei pellegrini, accolti dagli ospitalieri, quasi fosse un momento folcloristico similare a uno spettacolo di sbandieratori o figuranti.

Come accogliere questa moltitudine così differenziata, quale risposta di ospitalità è giusta caso per caso? Il confronto è lungo. Non c'è una regola da seguire, questo è ovvio, o meglio ci arriviamo ragionando insieme. Però non c'è un'accoglienza automatica, comunque dovuta a tutti. Anche su questo siamo arrivati ragionando insieme. Non sarà la credenziale a dare diritto ad essere ospitati, non sarà il fatto di avere uno zaino sulle spalle, non sarà la prenotazione telefonica. Sarà l'essere veramente pellegrino, l'essere in cammino con il proprio cuore e la propria anima in mano che aprirà le porte. E il buon ospitaliere dovrà imparare a cogliere e distinguere tutto questo con il proprio cuore e la sua testa. È difficile fare l'ospitaliere, difficile su questa via, ma affascinante perché l'obbligherà a cercare nel profondo di colui che gli si presenterà di fronte.
E dovrà aiutare il pellegrino a trovare la via. La via spirituale e la via fisica, quella via che la babele dei segni e delle iniziative private e pubbliche sta confondendo, sta allontanando dall'unità, con la nascita di mille e mille nuove iniziative che si discostano ogni giorno dalla Via dei pellegrini che da anni esiste.
Il nostro augurio, la nostra speranza è che alla fine tutti, pellegrino e ospitaliere, si ritrovino davanti a quel pane spezzato che il Pellegrino ospitato ad Emmaus lascia come segno di ospitalità a coloro che lo avevano accolto. E ancora di più: che la gioia, la potente felicità della Mattina di Pasqua ritorni ogni mattina alla partenza del pellegrino per un nuovo giorno di cammino.

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Per far riposare i suoi piedi appesantiti dalla sabbia è giunto alla mia porta,
si è seduto alla mia tavola, e io l'ho riconosciuto quando ha spezzato il pane.
E vidi nella sera un arcangelo pasquale porre un segno di vita sul bordo spalancato delle tombe.

Madeleine Delbrel
La Route


Monica D'Atti

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